martedì 27 agosto 2013

Canosa di Puglia: Ipogeo Monterisi Rossignoli.

Tra i numerosi ipogei rinvenuti nel territorio canosino, quello di Monterisi Rossignoli è per molti degli addetti ai lavori uno dei più belli, se non il più bello in assoluto.
Purtroppo è tra i rinvenimenti peggio conservati del patrimonio archeologico di Canosa. Se si considera il fatto che gran parte dei cittadini del posto non ne ha mai sentito parlare, c'è il rischio che prima o poi del reperto rimarranno solamente alcune foto e qualche racconto dai contorni mitologici dei pochi fortunati che hanno avuto la fortuna di vederlo quando ancora era in piedi. Noi stessi, avendone vista una foto, ne abbiamo ricercata a lungo l'esatta ubicazione, finché solo grazie ad una "dritta" di un archeologo più documentato di chi scrive ne abbiamo potuta accertare e documentare l'esistenza. Quella che segue, quindi, non è per noi solo una recensione, ma il resoconto di una vera e propria scoperta che - se ci è permesso - oseremmo definire un'esperienza addirittura emozionante.
L'ipogeo fu scoperto esattamente 200 anni fa, il 25 settembre del 1813, da un contadino locale (tale Monterisi D'Alesio) intento allo scavo di un magazzino interrato nella sua proprietà. L'attività era largamente diffusa a quei tempi e consisteva solitamente nell'avviamento di una vera e propria cava estrattiva il cui scavo, in genere, si concludeva non appena i conci estratti dal banco di calcarenite affiorante venivano ritenuti sufficienti a completare l'edificazione di una cotruzione in superficie. Di quegli scavi tra l'altro c'é ancora traccia oggi, poiché alle spalle dell'ipogeo c'è una enorme cava sotterranea, ormai dismessa e inutilizzata. Nel corso degli scavi, quindi, il Monterisi D'Alesio rinvenne l'ipogeo, del quale l'arredo funebre rinvenuto era fortunatamente intatto. Purtroppo i reperti seguirono varie strade e, dopo alterne vicende, risulta difficile poter affermare con esattezza dove oggi siano custoditi. Ma le sfortune del monumento non finirono qui.
Rispetto ad altri ipogei canosini, il Monterisi-Rossignoli non ha goduto di pari fortuna o, per meglio dire, di pari considerazione. E così, a pochi giorni dal bicentenario della sua scoperta, quel che ne resta è una incerta ubicazione, completamente immerso tra erbe infestanti popolate da una colonia di pulci (ebbene sì, pulci cari lettori, dei cui morsi portiamo ancora i segni a dieci giorni di distanza).
Ma dove si trova? Percorrendo via Agli Avelli, diretti al Cimitero Comunale, ad un certo punto sulla sinistra si raggiunge una croce. Sulla destra, poco più avanti rispetto alla croce, c'è un campo il cui accesso è chiuso da una sbarra metallica. Proprio lì, dove si vedono chiaramente i ruderi di un'abitazione colonica in stato di abbandono, si apre alle spalle della stessa un'ampia buca, sotto una abbondante distesa di fichi d'India, entro la quale è "nascosto" l'ipogeo.

L'ipogeo visto dal campo

Particolare del motivo geometrico scolpito nella parte superiore della cavità


Il dromos di accesso è quasi completamente scomparso, ma si leggono ancora alcuni gradini scolpiti nella calcarenite, percorrendo i quali (non senza qualche difficoltà) ci si addentra nella voragine che si apre nel terreno e ci si prepara all'ingresso nell'ipogeo. All'esterno una cornice con quadrati a sbalzo, che corre lungo il margine superiore della buca, denota chiaramente che la cavità è di origine antropica.
Varcata la soglia parzialmente crollata dell'ipogeo ci si ritrova in un ambiente di modeste dimensioni, ma di notevole pregio architettonico. L'intera copertura, infatti, è stata scolpita nel banco tufaceo e riproduce fedelmente un tetto a due spioventi, con una trave longitudinale più massiccia da cui si diramano snelli travetti trasversali.

L'interno dell'ipogeo

Particolare del soffitto
L'accesso visto dall'interno

Il soffitto in dettaglio

Nella parte finale dell'ambiente, ai piedi dei due muri laterali, sono presenti due sculture ormai illeggibili che ricordano, lavorando di fantasia, un serpente marino, un leone, un cinghiale o magari una chimera.
Una volta usciti, intenti a ripulirci le caviglie dalle pulci assatanate, continuavamo a porci insistentemente una sola domanda: perché questa gemma versa in condizioni così pietose?  
Chi volesse indicazioni più precise, per cimentarsi eventualmente in qualche avventurosa escursione come la nostra, faccia pure richiesta nella sezione dei commenti.
Buona scoperta!
       
Il serpente marino 
Il cinghiale (o almeno quel che ne resta)
I resti del leone

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