giovedì 19 settembre 2013

Canosa di Puglia: Cave di Pietra Caduta


Cave di Pietra Caduta



Tra i tanti posti da noi visitati, questo non rientra propriamente in quella che si tenderebbe a definire una "attrazione turistica", presentandosi come un luogo non solo difficile da raggiungere e sostanzialmente sconosciuto a gran parte della popolazione locale, ma anche come un sito tutto sommato di scarso interesse per l'osservatore medio. Chiedendo in giro quasi nessuno sa di cosa si tratti, il che è davvero paradossale: ignorarne l'esistenza vuol dire ignorare una pagina di storia della Città, correndo il rischio di perderne per sempre ogni traccia tramandabile ai posteri.
Stiamo parlando delle Cave di Pietra Caduta. Non un monumento, come premesso, né un unicum nell'ampio panorama di cavità, grotte, tombe e gallerie sotterranee sepolte nel sottosuolo locale; non un'opera d'arte, né un bene da preservare a tutti i costi. Non scandalizzi, quindi, lo stato di indifferenza nei suoi riguardi. Ma guai a giustificarlo a priori.
Per capire di cosa stiamo parlando, vi proponiamo una breve premessa storica.
Il sottosuolo canosino è costituito da una roccia tenera, chiamata in gergo geologico "calcarenite" (o in gergo locale "tufo"), risultato di un processo di sedimentazione di alghe e molluschi che, migliaia di anni fa, popolavano un ambiente marino presente al posto delle attuali terre emerse. Essendo "tenera", questa roccia ben si prestava sin dall'antichità ad essere estratta, scavata, scolpita o modellata per usi edilizi: ecco spiegata la presenza di ipogei sotterranei scavati in roccia, ma anche di blocchi ciclopici di tufo impiegati nelle mura del Castello locale e di molti altri monumenti in loco, come ad esempio il Battistero di San Giovanni.
L'attività estrattiva era anticamente diffusa "a macchia di leopardo" sul territorio, praticata da chi, volendo costruirsi un'abitazione, estraeva dal sottosuolo tufi per le murature, ricavandosi nel contempo anche lo scantinato da annettere all'abitazione. Ma nell'Ottocento questa pratica divenne una vera e propria industria, un'attività trainante per l'economia locale.
Benchè le prime cave fossero state realizzate in aree periferiche e distanti dal centro abitato, in meno di un secolo di intensa attività estrattiva si finì per assistere ad una pericolosa interferenza tra sottosuolo cavato e soprassuolo edificato. L'espansione urbanistica scriteriata e l'avidità degli esercenti attività di cava ben presto finirono con il collidere: interi quartieri si ritrovarono sospesi su immensi vuoti sotterranei e, al primo importante crollo (1925: crollo del Rione Pozzo Nuovo, presso l'odierna Via Saffi dove oggi sorge un'area a verde pubblico), scoppiò il panico: l'unica soluzione fu quella di imporre il divieto di scavo in aree urbane; divieto che, ad onor del vero, era già esistente da circa trent'anni. Quel crollo (come molti altri che ancor oggi si verificano) fu l'evidente conseguenza dell'averlo completamente ignorato.
Le Cave di Pietra Caduta, quindi, sono una delle tante testimonianze di più di un secolo di storia economica e sociale dell'abitato di Canosa, storia sulla quale si sa ancora poco.Nessuno è in grado di stabilire con esattezza quando questa attività abbia avuto un inizio formale, né tantomeno quando esattamente si sia deciso di abbandonare in maniera definitiva l'estrazione internamente al contesto urbano.
Da un punto di vista geografico le Cave si collocano a sud del centro abitato, accessibili direttamente dalla SP231 che le lambisce in prossimità di una delle curve più pericolose del suo tragitto, tristemente nota alla popolazione canosina per i numerosi incidenti stradali spesso accompagnati da decessi che lì si sono succeduti negli anni. 


Cave di Pietra Caduta: parte in sotterraneo

Le cave si dividono in due settori: la parte "a cielo aperto", ben visibile anche da immagini satellitari per il candore del tufo portato in emersione dagli scavi, e la parte "in sotterraneo". Quest'ultima è la più suggestiva, perché capace di far intuire, seppur lontanamente, le condizioni di lavoro al limite dell'umanità con cui per anni uomini, donne e addirittura bambini hanno dovuti confrontarsi.
Alla parte in sotterraneo si accede da un campo, tramite una scala sconnessa circondata da un muro di tufi alto all'incirca un metro. 

Scalinata d'accesso agli ambienti sotterranei
 
Terminata la scala, l'occhio ha bisogno di adattarsi a condizioni di illuminazione decisamente diverse da quelle in superficie: se non siete muniti di una torcia è difficile procedere per più di una decina di metri. Dall'ingresso filtra quel po' di luce che, anche grazie ad una parete crollata, illumina una galleria di riferimento, quella più prossima all'uscita. Ma la sensazione che si prova è quella di essere entrati in un labirinto. Corridoi di larghezza uniforme si sviluppano in file parallele e perpendicolari, formando un graticcio di vie sotterranee con soffitti orizzontali sostenuti da massicci pilastri in tufo, aventi pianta grossomodo quadrata e dimensioni di 4 metri circa per lato. 

Il labirinto sotterraneo (1)
 
Il labirinto sotterraneo (2)

Il labirinto sotterraneo (3)

Il labirinto sotterraneo (4)
Il labirinto sotterraneo (5)

Il labirinto sotterraneo (6)

L'atmosfera che si respira è decisamente surreale. Il silenzio è quasi inquietante, interrotto solamente dai vostri passi sulla tufina che invade i pavimenti della cavità. Per un istante vi sembrerà di passeggiare lungo una delle scalinate impossibili dei quadri di Escher, visto che sia i pavimenti, sia i soffitti, sia le murature assumono una maggior profondità prospettica per la mancanza di volumi qua e là, causata dall'asportazione di conci destinati alla vendita. Di tanto in tanto il buio viene interrotto da coni di luce che penetrano dalle volte tramite finestroni chiamati "lucernari", impiegati originariamente per portare in superficie i conci lavorati ma anche per ventilare i corridoi sotterranei, migliorando le precarie condizioni di vita dei lavoratori in cava.
Dopo più di mezz'ora di cammino, abbiamo deciso di tornare verso l'ingresso. Chiamatela pure mancanza di coraggio, ma ad un certo punto ci siamo ritrovati in un corridoio totalmente buio e del quale non si intravedeva la fine, mentre sui nostri volti soffiavano folate di vento proveniente da chissà quali cunicoli scavati nelle viscere della terra. Una sensazione simile a quella volta che entrammo nella grotta marina della Poesia. Ma quella è già un'altra storia...

Il corridoio inesplorato...

La parte ancora da esplorare...

1 commento:

  1. Tutto ciò è stupendo, ed ahimè devo ammettere che prima di leggere questo articolo non conoscevo affatto questa realtà del luogo!
    Complimenti per le novità che apportate ogni volta, continuerò a seguirvi con curiosità e voglia di scoprire nuovi posti sempre più particolari!

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